Elijah risale il vialetto che porta a casa poco dopo le 15. È fuori dall’alba, quando passa il primo dei soli due bus extraurbani che collegano Valgattara – frazione di Monghidoro sull’Appennino tosco-emiliano – con Bologna. Ogni mattina lo attende almeno un’ora di viaggio all’andata e una al ritorno per poter frequentare il corso da addetto alle vendite del Cefal, storico ente di formazione che ha sede in via Toscana, zona San Ruffillo, alle porte del capoluogo. Sta per completare il primo anno di corso, dopo che nel 2017 a San Lazzaro di Savena ha conseguito la licenza media in appena sei mesi. L’anno prossimo lo attende la seconda parte di corso al Cefal, mentre il 7 maggio è iniziato il suo secondo tirocinio al punto vendita Conad di Monterenzio: in passato aveva trascorso un mese nel reparto ortofrutta a Pianoro a riempire scaffali e gestire i prodotti in arrivo.
Dal Gambia a Villa Augusta
In giugno, al compimento dei 18 anni e 6 mesi esatti, dovrà lasciare la grande casa gialla di Valgattara che sulla facciata porta la scritta “Villa Augusta” ed è gestita dal settembre 2015 dagli operatori della Cooperativa sociale Camelot.
Durante l’emergenza sbarchi la casa nell’alta valle del Savena, a qualche chilometro dal centro di Monghidoro, è stata trasformata in una struttura SPRAR per Minori stranieri non accompagnati e oggi ospita, oltre a Elijah, altri 14 stranieri. Tutti ragazzi tra i 16 e i 18 anni, molti dei quali, come Elijah che viene dal Gambia, hanno percorso mezza Africa prima di salire su una barca o un gommone e attraversare il canale di Sicilia fino a raggiungere l’Italia.
Dopo “Villa Augusta” ci sarà una struttura SPRAR-Adulti ad accoglierlo a Bologna. Così, almeno, andare a scuola sarà forse meno impegnativo e le occasioni dopo il tempo dello studio si moltiplicheranno. Ma Elijah è comunque soddisfatto del suo rifugio sperduto sull’Appennino, in cui vive dal dicembre 2016, qualche mese dopo essere approdato a Pozzallo in Sicilia. E’ pomeriggio inoltrato e non ha ancora pranzato, ma per raccontare un po’ della sua storia da quando è in Italia con un permesso di soggiorno per motivi umanitari, rimanda volentieri. Si siede nell’ufficio degli operatori di Camelot e, sorridendo sempre, risponde.
“Mi guidano la fede e la musica”
“Mi piacerà trasferirmi a Bologna, racconta col suo italiano che non ha nemmeno due anni di esperienza ma è già molto comprensibile. È una città dove mi trovo bene e dove vorrei continuare a vivere e lavorare. Valgattara è un po’ lontana da raggiungere ma mi porta la corriera, non devo andare a piedi. E poi qui posso dormire e abitare, penso che c’è chi è costretto a farlo per strada”.
C’è un filo rosso che lo lega ancora alla vita nel suo Paese di origine e a questi primi anni di permanenza in Italia. Un filo rosso fatto di note e fede che non si è mai interrotto, se non forse solo durante quella impervia “strada” attraverso il continente africano di cui fa capire di voler perdere, per quanto possibile, il ricordo. La musica riempie la vita di Elijah da sempre. E insieme alla musica il forte sentimento religioso, entrambi entrati in lui quando, bambino, era ospite in Gambia in una struttura gestita da religiosi coreani cristiani pentecostali.
“Ho suonato tanti strumenti fin da piccolo – prosegue -. Mi sono dedicato al flauto traverso, al flauto dolce, alla tromba, al trombone. Avrei voluto suonare la chitarra ma al mio paese non ne esistevano per mancini, come sono io. Così, quando sono arrivato qui, la prima cosa che mi sono comprato quando ho potuto è stata una chitarra impostata per chi usa la sinistra. All’inizio ho studiato da solo, imparando dai video su YouTube. Poi i ragazzi di “Villa Augusta”, Anita e Luca, mi hanno fatto conoscere un insegnante di chitarra. Il maestro ha provato anche a insegnarmi la fisarmonica ma è troppo difficile, vorrei invece imparare anche a suonare il piano, che sta al cuore della musica. Ho fatto anche altri corsi a Bologna; canto e suono soprattutto gospel, musica rivolta a Dio”.
Un percorso di integrazione e autonomia
E proprio la musica è stata la “chiave” del suo riuscito progetto di integrazione. Elijah ha fatto parte del coro della parrocchia Santa Maria Assunta di Monghidoro e, sempre nel paese che lo ospita, ha appunto seguito delle lezioni di chitarra e di fisarmonica tenute da un volontario dell’associazione “E bene venga Maggio”. Nel suo percorso musicale ha avuto modo di conoscere un giovane violinista monghidorese con il quale ha creato delle basi musicali per il laboratorio di BeatMaking tenuto da OfficinAdolescenti alla Sala Borsa di Bologna. A Bologna frequenta attivamente la comunità cristiana pentecostale, ha partecipato a laboratori di produzione musicale e a tour di conoscenza della città (Migrantour, Bologna Experience), a Pianoro come detto è stato tirocinante presso il punto vendita Conad City, a San Lazzaro di Savena ha conseguito la licenza media in tempi brevissimi (appena sei mesi dopo il suo ingresso nella comunità di “Villa Augusta”), a San Benedetto Val di Sambro ha partecipato agli allenamenti calcistici con la squadra locale, pur essendo il ping pong la sua vera passione sportiva.
Addetto alle vendite in un supermercato: è il mio obiettivo
Il nome di Elijah, prima di venire in Italia, era un altro. Ma per segnare il passaggio a una nuova vita e a una fede consolidata ha voluto farsi battezzare con un nome importante per i cristiani, quello del profeta biblico Elia.
In un anno e mezzo sulle montagne bolognesi c’è stato un unico momento difficile, la grande nevicata del novembre 2017, che ha causato un blackout di due giorni: “Siamo rimasti isolati, senza luce e riscaldamento. Stavamo immobili a letto sotto le coperte e si gelava lo stesso”.
Quando gli chiedi come si immagina tra qualche anno si vede ancora in Italia, meglio se a Bologna o dintorni. “Qui non è la mia casa, anche se ci sto bene. Se sono qui è per delle motivazioni, ma non dimentico comunque il mio Paese. Spero di poter fare più avanti ciò per cui sto studiando, mi piace molto il lavoro al supermercato e i responsabili del Conad sono soddisfatti di me. Se posso studierò anche dopo il diploma, ma intanto conseguire quella qualifica è importante. Poi spero che ci sia sempre tempo per i miei hobby preferiti, la musica e il canto. Se Dio lo vorrà”. Viene il momento di scattare le fotografie a corredo di questo articolo e per dimostrare il suo “talento” prende in mano la chitarra per mancini e improvvisa una canzone in inglese, la sua “lingua ufficiale”. Un brano gospel dolce, con una voce calda e intonata. E la parola “Lord”, “Signore”, che come in ogni gospel che si rispetti, riempie ogni strofa.