Il percorso verso il riconoscimento della protezione internazionale è spesso lungo e complesso per le persone che arrivano in Italia senza conoscere con esattezza come funziona la legislazione in materia e qual è l’iter corretto da seguire. Pratiche e passaggi che sono resi ancora più ostici a causa delle incomprensioni culturali, delle barriere linguistiche e, come capita sempre più di frequente, delle difficoltà psicologiche o relazionali che derivano da ciò che le persone hanno dovuto affrontare nel paese di origine o nel viaggio verso l’Europa.
Diventa così fondamentale, affinché tutti possano essere tutelati rispetto ai propri i propri diritti, garantire un supporto legale per non lasciare soli i migranti nella fase molto delicata della presentazione della richiesta di asilo e dell’attesa della risposta. Nell’ambito del progetto SPRAR del Comune di Bologna, è attivo un servizio di Orientamento e accompagnamento legale svolto da vari gestori, con il coordinamento di ASP Città di Bologna. Si tratta di un servizio organizzato in maniera trasversale in tutte le strutture SPRAR del bolognese che vengono gestite da diverse cooperative e associazioni. Uno dei gestori che svolgono questo servizio trasversale è la cooperativa sociale Lai-momo, il cui staff legale è composto da una decina tra operatori e operatrici e alcuni coordinatori, tra cui Michela Bignami.
Le tre tipologie di protezione per i richiedenti asilo
È importante, per agevolare la comprensione di tutti, fare una volta di più chiarezza sui termini, status e procedure che hanno significati differenti.
Richiedente asilo è una persona che manifesta la volontà di richiedere protezione internazionale perché si sente in pericolo e perché non vuole o non può fare rientro nel suo paese di origine, temendo di essere perseguitata per motivi come razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica. La domanda di riconoscimento di protezione va presentata allo Stato italiano se il migrante è entrato per la prima volta in Unione europea dall’Italia. La volontà di chiedere asilo può essere espressa al porto nel momento dello sbarco e del primo riconoscimento, alle frontiere di terra ma anche quando la persona si trova già in territorio italiano e se ritiene che ciò che accade nel suo paese di provenienza implichi un cambiamento della sua posizione e necessiti perciò di una protezione.
La gestione delle persone che arrivano nei porti italiani è in capo al Ministero dell’Interno, che provvede a ricollocarle a livello nazionale nelle diverse regioni tramite le Prefetture. Le persone entrano poi nel sistema di accoglienza SPRAR quando il Servizio Centrale del Ministero ne autorizza l’ingresso.
Nello SPRAR la persona può restare in accoglienza, anche se titolare di protezione, fino a sei mesi dopo l’ottenimento della stessa e, nel caso si tratti di un soggetto vulnerabile (minori, disabili, anziani, vittime della tratta o di torture, persone affette da gravi malattie o disturbi mentali), la permanenza può essere prolungata. Nelle strutture SPRAR, accanto a chi è in attesa dell’esito della domanda, ci sono molte persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria o umanitaria. Solo in minima parte si trovano persone in fase di ricorso, presentato a seguito del diniego alla domanda di protezione.
Lo status di rifugiato è riconosciuto a chi per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese.
La protezione sussidiaria viene riconosciuta a un cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere considerato un rifugiato ma ha fondati motivi per ritenere che, se ritornasse in patria, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno, come la condanna a morte, la tortura o altre pene inumane e degradanti.
La protezione umanitaria è invece una forma residuale di protezione, definita a livello nazionale, per chi non ha diritto al riconoscimento né dello status di rifugiato né alla protezione sussidiaria ma non può essere allontanato perché si trova in condizioni di oggettive e gravi situazioni personali, come ad esempio motivi di salute o di età, oppure se vittima di situazioni di grave instabilità politica, di episodi di violenza o di insufficiente rispetto dei diritti umani, vittime di carestie o disastri ambientali o naturali.
I tre tipi di protezione prevedono il rilascio di permessi di soggiorno con durate diverse. Per i rifugiati e per chi gode di protezione sussidiaria la validità del documento è di 5 anni ed è rinnovabile, mentre la durata del permesso per protezione umanitaria è di 2 anni, eventualmente rinnovabile. Per le prime due casistiche il ricongiungimento familiare è concesso, per la terza non è accordato. Tutti coloro che abbiano ottenuto tali permessi di soggiorno possono viaggiare liberamente nell’area Schengen, muniti di passaporto o titoli equipollenti, per massimo tre mesi. Un rifugiato può, trascorsi i 5 anni di permesso di soggiorno, fare domanda per diventare cittadino italiano.
Nel 2017, al 42% dei richiedenti è stato riconosciuto dalle Commissioni territoriali italiane uno dei tre status appena descritti (fonte Ministero dell’Interno, ndr).
Per approfondire tutti gli aspetti dell’accoglienza si può consultare il testo “L’accoglienza dei richiedenti asilo”, realizzato nell’ambito del progetto SPRAR di Bologna (triennalità 2015-2017) https://www.bolognacares.it/2015-laccoglienza-dei-richiedenti-asilo/
L’area legale a sostegno per tutte le pratiche
Il servizio che viene messo a disposizione all’interno del progetto SPRAR serve quindi a offrire informazione, orientamento, ascolto e accompagnamento a chi deve destreggiarsi tra uffici, enti, moduli, carte, documenti, avvocati, ecc.
“Accompagniamo i richiedenti asilo dal loro ingresso in una delle strutture SPRAR fino alla loro uscita – spiega la coordinatrice del servizio della coop. Lai-momo, Michela Bignami –. Diamo sostegno e aiuto per tutte le pratiche legali che portano al riconoscimento di una protezione internazionale e, successivamente, anche al rinnovo del permesso di soggiorno già ottenuto o al ricongiungimento familiare. Questo lavoro richiede competenze specializzate in ambito giuridico e competenze trasversali di relazione d’aiuto in contesto multiculturale.
Il nostro rapporto con i richiedenti asilo consiste essenzialmente in colloqui e accompagnamenti. Il primo colloquio è di tipo conoscitivo e serve a presentare il servizio. Ovviamente, prima di questo incontro frontale ci confrontiamo con gli staff dedicati al servizio specifico di accoglienza presso la struttura di appartenenza, per costruire il percorso più adatto alla persona e raccogliere le informazioni per capire a che punto del percorso si trovi, ad esempio se è arrivata da altri centri. Quindi, ci attiviamo per fornire supporto alla persona sulla base delle informazioni raccolte. In generale, il supporto alla domanda di protezione si avvia con la raccolta di una memoria (e delle eventuali documentazioni o certificazioni attinenti), cioè un testo che contiene le motivazioni per cui la persona non può o non vuole fare rientro. Incoraggiamo, se i richiedenti sono in grado e lo desiderano, a scrivere direttamente la propria storia, assistendoli nella preparazione. È infatti importante poter valorizzare nella documentazione la propria memoria a sostegno della domanda. Seguiamo poi eventuali problematiche sull’età o errori sui dati anagrafici e gestiamo tutte le variabili e casistiche che possono essere moltissime. La domanda va presentata presso gli Uffici Asilo della Polizia di Stato, dopodiché si attende la convocazione presso la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.
L’audizione in Commissione Territoriale è il momento più importante
Il lavoro propedeutico dell’area legale è finalizzato infatti a un momento cruciale per i richiedenti asilo: l’audizione alla Commissione Territoriale presso la Prefettura.
“Li aiutiamo a prepararsi per quell’appuntamento così importante, in cui si troveranno davanti a un commissario e potranno avvalersi di un mediatore culturale e linguistico – prosegue Bignami –. La persona può scegliere la lingua in cui potrà esprimersi in audizione, manifestando tale preferenza alla compilazione del modello C3. Se il richiedente asilo non ha ancora documenti di identità, perché spesso si perdono o vengono rubati durante il viaggio, diamo sostegno per reperire la documentazione necessaria. Prima della Commissione facciamo un incontro per spiegare quali sono i suoi diritti durante il colloquio, come ad esempio interrompere l’audizione in caso di mancata comprensione del mediatore: molte persone sono intimorite e, anche se non capiscono ciò che dice il mediatore, magari non lo dicono. Se poi si tratta di donne è importante che vi sia un’attenzione specifica al genere: avere sia una commissaria intervistatrice che una mediatrice può permettere di affrontare più liberamente anche argomenti molto delicati. Basti pensare che la quasi totalità delle donne richiedenti asilo ha subito violenze estreme sia di tipo sessuale che psicologiche e fisiche”.
Un accompagnamento costante che va oltre l’esito dell’audizione
“Il nostro aiuto legale è sempre presente – chiarisce la coordinatrice –. Seguiamo le persone durante il periodo di attesa dell’esito della commissione territoriale, per il rinnovo dei permessi di soggiorno e anche successivamente alla notifica della risposta alla propria domanda. A seconda di come è andata si danno informazioni sulle possibilità che ci sono, dal ricorso attraverso il sostegno di un avvocato in caso di esito negativo ai diritti nel caso sia stata accolta la domanda”.
Nella lunga attesa prima di presentarsi alla Commissione territoriale molto spesso la casa dei richiedenti asilo resta la struttura SPRAR. Se il richiedente è privo di mezzi di sussistenza o non ha alcun tipo di autosostegno ha diritto infatti a rimanere in accoglienza per tutta la durata dell’iter e poi fino a sei mesi dopo l’ottenimento della protezione. Dopo due mesi dalla presentazione dell’istanza di riconoscimento della protezione i richiedenti asilo possono comunque accedere a qualsiasi forma di lavoro retribuito. Finché le pratiche per l’asilo non sono terminate i richiedenti non possono lasciare il territorio italiano.
“La durata dell’iter dipende moltissimo dalle persone – aggiunge Michela Bignami –. Chi è arrivato minorenne e ha formalizzato la domanda da minorenne ha un percorso accelerato e in un paio di mesi, di solito, ci si può presentare all’audizione. Ci sono persone che invece fanno un percorso più classico che ha una durata, attualmente, di circa un anno e mezzo prima di andare in audizione. Per alcuni anche due anni. Il nostro servizio legale non si rivolge ai minori, per i quali esiste una specifica equipe legale, ma agli adulti cosiddetti ‘ordinari’ e alle persone vulnerabili”.
Cosa succede poi se arriva un esito negativo da parte della Commissione? “Ci sono 30 giorni per presentare ricorso. Per i ricorsi i beneficiari generalmente si rivolgono ad avvocati che esercitano nel territorio e che lavorano in regime di gratuito patrocinio, come avviene per tutti coloro che, anche italiani, abbiano un reddito annuo lordo inferiore a 11.500 euro. Ovviamente, se un richiedente asilo lavora e ha un reddito superiore è tenuto a pagarsi l’avvocato per il ricorso”.
Ricongiungere le famiglie separate è un dovere
Un altro servizio importante è quello svolto per aiutare nel ricongiungimento familiare chi ottiene lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. “Ci adoperiamo per le pratiche e i documenti necessari per riunire le famiglie che restano separate dalle più diverse situazioni – spiega Bignami. Per i titolari di protezione internazionale il ricongiungimento familiare è un diritto inviolabile e ha delle caratteristiche facilitanti proprio per la natura del pericolo nel quale la persona da ricongiungere potrebbe trovarsi. Affrontiamo spesso la grande preoccupazione di chi è già qui e attende il genitore o il congiunto. Le pratiche però richiedono del tempo, ci sono delle procedure specifiche da seguire”.