È arrivata in Italia da sola, ha imparato la lingua in autonomia, ha iniziato a collaborare con l’università, e ora ha vinto un dottorato di ricerca. La storia di Valeriia è una storia di una giovane donna con grandi risorse: nata a Zaporizhzhia, in Ucraina, 27 anni fa, Valeriia ha studiato medicina e si è laureata in anatomopatologia. Dopo aver svolto vari tirocini, stava già iniziando a lavorare quando, nel febbraio 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina ed è scoppiata la guerra.
“Non sapevo cosa fare, se rimanere nel mio paese o provare a costruirmi una nuova vita altrove”, racconta, con i grandi occhi verdi che spuntano dal suo caschetto biondo cenere. “È stata una decisione molto difficile”. Alla fine sceglie di partire: prende un autobus a lunga percorrenza, destinazione Bulgaria. Al confine, Valeriia deve affrontare una lunga attesa, il controllo dei documenti, l’ansia di chi non sa cosa accadrà dopo. Poi finalmente arriva a Sofia, dove si imbarca su un aereo che la porta direttamente a Bologna. “Ci ho messo più di 24 ore ad arrivare da Odessa all’Italia”, dice. “È stato un viaggio che non dimenticherò mai”. Era il 29 marzo 2022. Ad aspettarla dall’altra parte c’era un’amica di sua madre, che vive a Bologna da 30 anni con la sua famiglia. “Mi ha ospitato per cinque mesi, anche se non l’avevo mai conosciuta prima”, racconta Valeriia, sorridendo.
Per prima cosa Valeriia si mette in regola con i documenti, nel frattempo comincia a studiare l’italiano. Lo fa da sola, come autodidatta, e per praticare guarda molti video su YouTube. “Quando sono arrivata sapevo solo dire ‘ciao’”, racconta. “A me piace molto studiare le lingue, non mi pesa”. Non solo: subito capisce che la laurea ottenuta in Ucraina non basta per lavorare come medico in Italia, e così prende contatti con l’ordine dei medici e si informa su come ottenere il riconoscimento del suo titolo di studio. Intanto, per guadagnare qualche soldo, lavora come traduttrice e come fotomodella.
Dopo quel primo periodo, arriva il momento in cui Valeriia deve trovare un posto suo dove andare a vivere: “La casa era piccola, e poi dall’Ucraina dovevano arrivare altri parenti che avevano bisogno di ospitalità”, spiega. Così si attiva e chiede un posto in accoglienza all’interno del Progetto SAI del Comune di Bologna, coordinato da ASP Città di Bologna: da sola si reca all’ufficio, chiede informazioni e avvia la pratica. Prima entra all’interno del progetto di vicinanza solidale Vesta di accoglienza in famiglia, realizzato dalla cooperativa sociale Cidas in collaborazione con ASP Città di Bologna e il Comune di Bologna. Ci rimane per sei mesi. Dopo quel periodo, le viene dato un posto in Casa Saliceto, una struttura gestita dalla cooperativa Arca di Noè nell’ambito del progetto SAI, dove abita con altre cinque ragazze. “Ci troviamo bene, ormai ci conosciamo e abbiamo i nostri equilibri”, dice.
Il sogno di tornare a lavorare nel campo della medicina riprende forma quando Valeriia prende contatti con un professore dell’università di Bologna che lavora proprio nel campo dell’anatomopatologia: “Gli ho scritto e abbiamo fissato un appuntamento”, racconta. “Ho avuto fortuna: in quel momento lui cercava proprio una persona come me, con la mia stessa specializzazione”. Valeriia comincia a frequentare il reparto del Sant’Orsola, si inserisce nel settore, capisce come funziona. “Il professore mi ha parlato del progetto di creare una “bio-banca”, per raccogliere vari campioni di tessuti e liquidi. Ho capito che era una grande possibilità per tornare a fare il mio mestiere”.
Esce un bando di dottorato, Valeriia decide di partecipare. Scrive un progetto, si candida e arriva prima in graduatoria. “Ero felicissima”, racconta. Per finalizzare l’inizio di questo nuovo percorso serve però una traduzione asseverata del suo titolo di studio ucraino. “Il progetto SAI l’ha supportata economicamente per ottenere questa traduzione”, racconta Francesco Mateev, di coop. Abantu, l’operatore del Servizio Trasversale Lavoro e Formazione professionale del progetto SAI che segue Valeriia. “Quando avrà finito il dottorato, per praticare la professione avrà bisogno di un nuovo riconoscimento del suo titolo di studio. Ecco perché stiamo cercando un modo affinché si possa iscrivere anche alla specializzazione, per poi avere un titolo di studio italiano”. Intanto Valeriia prosegue con il dottorato. “Sto studiando la teoria, mi sto dedicando alla medicina scientifica, mentre in Ucraina facevo autopsie, biopsie, era tutto molto pratico”, racconta. Non solo: a volte tiene lezioni all’università, e partecipa come relatrice a conferenze scientifiche.
“Quello di Valeriia è stato un percorso veloce, in un anno e mezzo è successo di tutto”, commenta scherzando Francesco Mateev. “Noi siamo ben contenti di constatare che ha già acquisito grande autonomia: il nostro ruolo è stato più che altro di aiutarla ad orientarsi sul territorio in un paese che non conosceva, soprattutto con una burocrazia così complessa”. Anche l’operatrice che segue l’accoglienza di Valeriia, Cristina Feola, conferma che la ragazza ha già una rete forte di conoscenze sul territorio. “Non ha difficoltà a socializzare”, racconta. “Noi l’abbiamo sostenuta soprattutto nella ricerca di un supporto psicologico, era molto stressata per via della precarietà e dell’instabilità con cui deve fare i conti”.
Valeriia dovrebbe uscire dal progetto SAI il prossimo agosto, così sta cercando un alloggio. “A Bologna è molto difficile trovare casa, ma la rete sociale che ha saputo costruire potrebbe aiutarla a trovare una soluzione”, dice Cristina. Oggi Valeriia ha molti amici, i colleghi dell’università, un compagno che vive vicino a Bologna. Sta studiando scuola guida per prendere la patente. “Mi piace vivere qui, a parte la burocrazia”, ride. “Nei prossimi anni voglio restare a Bologna, poi più avanti si vedrà: meglio non preoccuparsi troppo per un futuro molto lontano, che non possiamo prevedere”.