Come le pratiche artistiche possono generare visioni altre in grado di dare voce e rendere visibile chi e cosa prima non lo era, produrre contro-narrazioni, creare spazi di empowerment da parte di gruppi marginalizzati, riappropriarsi dello spazio pubblico, resistere alle dinamiche di potere implicite nella produzione dominante della conoscenza.
Questi alcuni tra i temi discussi in Performing Resistance, la Summer School digitale promossa da Emilia Romagna Teatro Fondazione, dal Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna e da Cantieri Meticci che ha avuto luogo tra il 16 ed il 20 giugno scorsi, coinvolgendo artisti, accademici, curatori, attivisti e ricercatori internazionali insieme a un’ampia platea di persone provenienti da tutto il mondo. Si tratta di una delle azioni di Atlas of Transitions Biennale, il programma bolognese del progetto europeo Atlas of Transitions, che ha sperimentato in questi anni attraverso le arti performative traiettorie comuni e modalità di interazione tra culture diverse attraverso le arti performative.
Tra le questioni affrontate, il Covid ha avuto ampio spazio non solo per la sua attualità ma per la tangenza e pertinenza con le questioni poste dalla Summer School: il virus ha enfatizzato le disuguaglianze sociali accentuando le gerarchie dell’invisibilità.
Qui il link all’articolo di Lorenza Villani pubblicato sulla rivista online Voci Globali, con un resoconto analitico sui dialoghi di Performing Resistance che sono tutti ancora disponibili sul sito di ERT Fondazione (Performing Resistance) e su www.atlasoftransitions.eu.