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“Noi, richiedenti protezione internazionale e ora sospesi e incerti”

“Venendo in Italia pensavamo di assicurare un futuro più tranquillo ai nostri bambini e di poterci ricostruire una vita più sicura rispetto a quanto possibile oggi in Ucraina. Invece ora c’è questo problema della residenza, che in base alla nuova legge sull’immigrazione non possiamo avere perché abbiamo fatto richiesta di protezione internazionale: questo ci fa essere ancora una volta sospesi e incerti”.
Denys e Maria siedono a una scrivania dell’Unità Operativa Protezioni Internazionali di ASP-Città di Bologna e concludono con queste parole amare il racconto della loro storia. Poche ore prima del nostro incontro sono stati in Questura a presentare richiesta formale di asilo, avviando così l’iter che li porterà, più avanti, di fronte alla Commissione territoriale che valuterà nel dettaglio il loro caso e deciderà se questa giovane coppia ucraina e i loro due bambini hanno i titoli per potersi considerare rifugiati politici o potranno vedere riconosciute altre forme di protezione.

Via dal Donbass dei separatismi e nazionalismi
Denys ha 38 anni e nella sua città, Slov”jans’k, nell’est dell’Ucraina, era insegnante di educazione fisica presso un’università pedagogica. Maria ha 34 anni ed è originaria di Gorlovka, altra città dell’Ucraina orientale, e si è trasferita a Slov”jans’k dopo aver sposato Denys. Lì sono nati i loro due bambini, un maschio di 10 anni e una femmina di 7. La loro vita è cambiata dopo lo scoppio della guerra del Donbass, il conflitto che dal 2014 coinvolge la regione orientale dell’Ucraina, contesa tra separatisti filorussi e governo centrale di Kiev.
“La nostra città è stata epicentro dei combattimenti all’inizio del conflitto – raccontano -. Abbiamo temuto per la nostra vita e soprattutto per i bambini, così nell’estate del 2014 ci siamo trasferiti in Russia, a Dimitrovgrad, dove ci ha ospitato una conoscente. Siamo rimasti per tre mesi, trovando lavoro. Dopo qualche tempo alcune persone russe hanno cominciato a discriminarci chiedendoci perché non eravamo rimasti in Ucraina a sostenere i separatisti filorussi. Così, vista la situazione e considerato che gli scontri si erano allontanati da Slov”jans’k, abbiamo deciso di ritornare a casa. A quel punto sono stati alcuni concittadini ucraini a discriminarci perché ci eravamo rifugiati in Russia. Abbiamo iniziato a non sentirci più tranquilli a casa nostra, anche perché giravano voci che fossimo finiti sulla lista dei separatisti filorussi e missili cadevano ancora in una città poco lontana. Un presunto separatista era stato portato via e di lui non si è saputo più nulla e arrivavano notizie simili anche da altre città”.

Ospiti a casa del nonno a Bologna
Dopo diversi tentennamenti, sebbene dopo il rientro dalla Russia Denys fosse riuscito a tornare al suo lavoro di insegnante, la paura e il contesto ostile hanno avuto il sopravvento. Nell’estate 2018 il capofamiglia ha preso un aereo per raggiungere Bologna, dove da 17 anni vive il fratello (di recente divenuto cittadino italiano) con la sua famiglia e da un paio di anni anche il padre, che continua a fare la spola tra l’Ucraina e Bologna. A ottobre Denys è stato raggiunto anche dalla moglie e dai figli, tutti ospiti prima a casa dello zio e poi nel bilocale preso in affitto dal nonno in zona Corticella. Dopo alcuni mesi di soggiorno a Bologna, la decisione di fare richiesta di asilo. In un primo tempo Denys e Maria si sono rivolti a un avvocato privato e, solo in seguito, ad ASP per essere accompagnati in tutti i passaggi legali e burocratici necessari. L’Unità Operativa Protezioni Internazionali di ASP, che coinvolge operatori legali e sociali, si è attivata e ha già garantito l’accesso al Servizio Sanitario sia per gli adulti che per i bambini della famiglia. I piccoli hanno poi già iniziato a frequentare la scuola primaria e si stanno ben integrando con i loro compagni di classe.

I bimbi a scuola hanno già imparato l’italiano
“Abbiamo lasciato l’Ucraina soprattutto per il bene dei nostri figli – dicono Denys e Maria – e siamo contenti che i vantaggi ora siano soprattutto per loro. Ci fa piacere che stiano imparando l’italiano e siano quasi al pari dei loro compagni con il programma scolastico. Noi frequentiamo un corso di italiano ma sono i nostri figli a insegnarcelo, non l’avremmo mai immaginato”. Maria, che ha una laurea in Filologia e pensava di apprendere la nostra lingua con più facilità, è comunque orgogliosa dei risultati dei bambini: “Ho sempre la testa piena di pensieri da quando sono qui, perciò non è semplice concentrarsi sullo studio di una nuova lingua. I bimbi ci danno invece gande soddisfazione”.

Gli effetti del decreto immigrazione
I problemi principali sono per i genitori. Il decreto sicurezza e immigrazione, entrato in vigore a fine 2018, ha cambiato diverse norme riguardanti l’asilo e l’immigrazione in generale. Una di queste sta creando, e creerà, non poche difficoltà alla famiglia ucraina. Prevede infatti che, in caso di richiesta di protezione internazionale, non si possa ottenere la residenza anagrafica fino all’esito della propria domanda alla Commissione territoriale. Ciò significa, ad esempio, non poter presentare il modello Isee per accedere ad alcuni servizi territoriali. Senza presentare un Isee non è nemmeno possibile trovare un locale in affitto a canoni agevolati, non si possono avere tariffe ribassate per i servizi scolastici o accedere al welfare sociale. Non potranno nemmeno usufruire del sistema di accoglienza SPRAR. Anche aprire un conto in banca non sarà un’operazione semplice e scontata.

A caccia di un lavoro appena sarà possibile
Per poter avere un contratto di lavoro, nel caso lo si trovi, si devono attendere 60 giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, come prevede la Legge 142/15. La coppia al momento è quindi a quasi totale carico del padre e del fratello. Eppure la voglia di darsi da fare non manca. “Io ho una patente professionale che potrebbe essere utile per un lavoro ma non posso convertirla in Italia perché non ho la residenza – sottolinea Denys -. Nel 2012 ho conseguito un dottorato medico sportivo valido per l’UEFA che mi permetterebbe di allenare squadre di calcio dilettantistiche, ma per ora non posso farlo e mi limito a giocare nella squadra della TPER di Bologna e in una di amatori di Modena”.
Anche Maria sarebbe pronta a mettersi all’opera: “Posso dire di essere multitasking, ho fatto diversi lavori e ho tante passioni. Mi piace molto cucinare e penso di essere portata per la pasticceria”, afferma mostrando sul cellulare le foto di alcune belle torte artistiche che ha preparato.
Per il momento, però, non si può che tirare la cinghia. “Far fare sport ai bambini, che ne avrebbero tanta voglia, costa e per ora non ce lo possiamo permettere, così come l’abbonamento dell’autobus – raccontano -. Potremmo vendere la nostra casa di proprietà in Ucraina, ma non sapendo se dovremo un giorno tornare indietro per adesso non possiamo farlo”.
Quel che è certo è che Denys e Maria non vedono più un futuro per la loro famiglia nel loro Paese d’origine. “Purtroppo l’Ucraina non è ancora pacifica e non lo sarà per molto tempo perché si ha avuto un rafforzamento del nazionalismo in risposta ai separatisti e si sono create delle tensioni che dureranno a lungo. Un futuro in sicurezza, per noi, non è più là. Qui a Bologna stiamo bene e anche i nostri figli vorrebbero restare”.

Immagine in evidenza creative commons ArtemKo  [CC BY-SA 3.0]

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